Un giovane pittore: Claudio Verna, “La Fiera letteraria”, Roma, 12 febbraio 1961
Claudio Verna è uno dei pochissimi pittori italiani che, pur giovani ma già affermati, si accosta alla pittura con umanità.
Una umiltà piena di candore, di pigrizia, di solitudine. Una umiltà da anacoreta che cerca però la grazia e il raptus nel calore della luce mediterranea e in quei gialli infuocati che tanto amava Van Gogh o in quei rosa mistici da ricordare certe pallide malinconie di Gerard de Nerval.
Verna uomo è un intellettuale anche se non cerebrale. Verna pittore è un istintivo che cerca attraverso il rigore metafisico l’ordine della materia e del colore. E forse in questa ricerca di ordine, di assoluto immanente, di spazio bidimensionale, sta l’incontro tra il pittore e l’uomo. Da qui e dalla sua natura nasce l’idilliaco che gradualmente ripudia e rinnega certe inconsulte forze onirico-intellettuali. Allora il demone di certe teorie psicanalitiche lascia il posto non più al grido, al vomito, alla protesta antiborghese, ma al canto; un canto disteso, levigato ed essenzialissimo dove la natura provinciale di Verna riappare in tutta la sua mistica pacatezza, in tutta la sua forza primigenia, qualche volta embrionale ma spesso apertamente espressa.
Se Verna oggi non è più uno sconosciuto, specie a Firenze dove vive e lavora, ciò si deve alla sua coerenza artistica, alla sua serietà, alla sua certosina pazienza di rinnovarsi, non dietro istanze fittizie o aggiornamenti culturali necessari, bensì attraverso un continuo scendere in fondo a se stesso, quasi con masochistica perseveranza. Oggi si trova a percorrere una strada piuttosto interessante e nuova per la pittura italiana. La quale dopo i recenti (e non ancora sopiti) sfoghi irrazionali ed erotico-sessuali o demoniaci, si trova costretta ad orientarsi verso forme di canto più disteso, più corale, meno blasfemo.
Per questo Verna ci sembra tra i giovani pittori di oggi uno dei più interessanti. Ed uno che senza avallarsi delle ormai inveterate scoperte degli astratto-concreti e della scuola milanese in genere (di cui tutti i giovani, chi più chi meno, oggi sono epigoni) malgrado certi possibili, anzi inevitabili pericoli di impopolarità e di incomprensioni, lavora senza timore o ripensamenti.
E poiché la natura latina è quella della meditazione, del raccoglimento e dell’umiltà, crediamo che Verna sia nel giusto.