Quell’“indizio” che l’autore ci ha lasciato, “Avanti”, Roma, 9 marzo 1980
“In tutti questi anni, mi sono spesso fatto questa domanda: la pittura, nonostante il peso enorme della tradizione e dei condizionamenti storici, ha sempre la capacità di proporsi come disciplina per fare arte, e possibilmente grande arte? Ho sempre risposto di sì, ad una condizione: che della pittura si recuperino prima tutte le potenzialità, con una indagine accanita, profonda, critica insomma, dei suoi elementi costitutivi, della sua struttura, della sua storia”.
Queste parole di Claudio Verna sono una giusta introduzione al suo lavoro che si muove tutto coerentemente all’interno del sistema della pittura. Nel momento di passaggio tra gli anni ’60 e gli anni ’70, mentre la maggior parte degli operatori nel campo dell’arte si domandava: «perché ancora la pittura?», Verna rovesciava la domanda e si chiedeva: «perché no la pittura?». Non trovando una ragione valida per deporre i pennelli continuava a lavorare sul doppio binario dell’analisi e della manualità, riassumendo nel fare pittura l’indagine sugli elementi strutturali dell’arte. Persino Marcel Duchamp, un artista spesso citato a difesa della tesi della morte dell’arte, o quanto meno della morte della pittura, è patrimonio anche dei pittori, ribadisce Verna.
Le ultime opere di Claudio Verna sono ora esposte alla galleria Rondanini di Roma: il lavoro di Verna è arrivato a una svolta e tuttavia non si può certo dire che questi lavori tradiscano il senso della ricerca precedente. Un lavoro che ha sempre considerato come elemento privilegiato il colore, che nella storia della pittura ha sempre espresso la parte dell’emozione. Nel lavoro di Verna il colore, sia pure intenso o vibrante, ha una funzione strutturale, costruisce lo spazio del quadro.
Un libro uscito recentemente, edito da Giancarlo Politi, ripercorre le tappe del lavoro di Verna mediante scritti critici, immagini e scritti dell’artista. Claudio Verna inizia a dipingere negli anni ’50: dalla libertà espressiva dei primi lavori dietro cui si sente l’eco di forme naturalistiche, la volontà di riduzione (lo stesso desiderio guida la ricerca di Klee) lo porta verso forme sempre più astratte. Inizia la ricerca del modulo, ogni riferimento figurativo viene eliminato ed è celata ogni traccia dell’intervento manuale. L’attenzione si concentra sui bordi, il punto in cui il quadro entra a contatto con l’esterno, alcune opere sembrano monocrome, ma contengono variazioni di forme che vengono definite però dal colore che sostituisce il disegno. Affiora nella pittura di Verna l’ambiguità: strisce colorate che sembrano dritte e invece presentano una leggera torsione, un quadro sembra dipinto in quadrati tutti uguali e invece è diviso in rettangoli tutti diversi contornati da bordi che hanno spessore e spicco differenti.
Gli ultimi lavori alla Rondanini presentono l’introduzione di uno spunto derivato dal reale: l’elemento organico che fornisce lo stimolo all’artista diventa altro nella pittura. La pittura è ottenuta attraverso un lungo procedimento di sovrapposizioni continue alternando colori di timbri differenti. La materia pittorica si dispone secondo una inclinazione che è quella naturale del braccio che traccia un segno, la lunghezza media dei tratti è di 40-50 cm. per i lavori a pennello e 20-30 cm per i pastelli a cera e i gessetti.
Una trasparenza minima rivela la trama, ma il lavoro di sovrapposizione resterebbe nascosto se non fosse per alcune piccole zone «non finite» ai bordi che svelano il procedimento: questo è l’indizio lasciato dall’artista.