Voce Enciclopedia Italiana Treccani, Vol.V, Appendice V, 1995
Protagonista tra i più autorevoli del rinnovamento della pittura negli ultimi decenni, Verna svolge una coerente ricerca artistica, significativamente connessa alla riflessione estetica e dialetticamente attenta ai valori della tradizione, della contemporaneità europea e di certo espressionismo astratto americano. Fin dalla fine degli anni Cinquanta i suoi dipinti, inseribili nell’ambito dell’Informale, si caratterizzano per una gestualità di contenuta tensione energetica e di esplicita valenza cromatica, impostata su toni rossi, gialli, aranciati, grigi, e guizzi di verde. La vocazione primaria di Verna, tesa a indagare le qualità del colore, si rivela nel 1960-61 in composizioni (Cromoracconto) spazialmente strutturate da pennellate più ampie. Alla metà degli anni Sessanta, dopo una solitaria meditazione sulla pittura in quanto arte e su ipotesi di altri linguaggi, Verna sceglie con approfondita convinzione il colore quale mezzo espressivo «tanto affascinante ma così pericoloso» e propone una rigorosa astrazione nella campitura piatta e nell’assetto geometrico della superficie. L’organizzazione di forme elementari, scandite da luminosità regolate, è dinamicamente variata in Iterazioni ambigue con alterazioni di luce che producono scarti percettivi. Lucida e appassionata, l’attività teorica e pratica di Verna negli anni Settanta, non totalmente assimilabile alle istanze più programmatiche della cosiddetta Nuova pittura, né circoscrivibile all’esigenza analitica di illustrare la fenomenologia del rapporto idea-esecuzione-opera, riafferma la specificità del linguaggio pittorico e dell’arte come realtà autonoma. In una situazione dominata da freddi azzeramenti e da sofisticate tautologie concettuali, Verna investe la superficie di nuove emozioni di colore-luce e prefigura spazialità più aperte (Pittura, 1976; Aegizio ’76; Nero Nero, 1977; Cadmium Red, 1978; ecc.). Un ancor più libero articolarsi della pennellata costruisce trame segniche, misurate nel gesto e frante nel ritmo, dove il colore esplode in sapienti accordi a catturare le luci del tempo, della fantasia e del pensiero, a manifestare luoghi di diffuso chiarore, di cupa penetrazione e di cadenzate tonalità, creando immagini di alta qualità formale nella tensione anche del grande formato (Enigma, 1985;//muro degli uccelli, 1987; Romamor 1989; Superficie nera, 1990; Senza inizio né fine, 1992). Tra i suoi scritti si ricordano: Quale pittura?, 1973; Pittura 1976; Fare pittura, 1985.