Innanzitutto ho dipinto la superficie della tela (“68” belga, preparata industrialmente) con 5 o 6 mani di colori ad olio che vanno dal giallo di cadmio medio al violetto rossastro. I passaggi sono stati dati a colore fresco, intrecciando la pennellata in modo da formare un reticolo in cui ogni colore in parte si fonde con gli altri, in parte rimane identificabile per se stesso. Il verso della pennellata è genericamente obliquo verso destra: cioè, dato che sono destrorso, corrisponde al movimento naturale del braccio quando deve segnare o coprire una superficie. Per lo stesso motivo, la lunghezza della pennellata non supera mai i 40/50 centimetri.
Tutti i passaggi di colore, ma in particolare gli ultimi, sono alternati tra pigmenti di differente timbro cromatico, per non creare effetti tonali e di chiaroscuro tra due valori dello stesso colore. Questa prima operazione è terminata quando la superficie ha cominciato a vibrare per pura incidenza luminosa (e non per effetti prospettici dati dal chiaroscuro). A questo punto la superficie dipinta ha perso i connotati caratteristici del “fondo” tradizionale, cioè non è più contenitore neutro sul quale o nel quale far risaltare i colori o l’immagine protagonista, ma medium significante pronto ad entrare in dialettica con eventuali altri interventi.
Asciugatesi il colore, ho impostato la struttura spaziale del dipinto dividendo simmetricamente (razionalmente) la superficie con 4 linee verticali e altrettante orizzontali, fino a formare una grata di 25 quadrati di cm 40×40 ciascuno. Ho poi dipinto 4 bande verticali e altrettante orizzontali, di diversi colori e quasi tutte di diversa larghezza (da 1 a 5 cm), casualmente (irrazionalmente) al fianco destro o sinistro delle linee verticali, sotto o sopra le linee orizzontali. I colori delle bande (dati dopo aver rinfrescato il relativo fondo con vernice da ritocco per favorire una maggiore compenetrazione con i colori sottostanti) seguono la stessa logica dei colori intrecciati sulla superficie: sono cioè timbrici rispetto al fondo e non tonali. Alcune di queste bande “spariscono” (si allontanano) nel “medium” che è il fondo, mentre altre acquistano valore (si affermano in primo piano); la loro .larghezza (quantità) entra in contrasto o agevola la loro incidenza luminosa (qualità). Inoltre le bande si incrociano senza alcun ordine né gerarchia, per cui le bande in primo piano possono ora sottostare a bande apparentemente non protagonista, ora riaffermare il loro valore.
Finito il quadro, al primo sguardo l’effetto è quello di una grata simmetrica di bande colorate e di 25 quadrati. Immediatamente dopo, si percepisce la diversa colorazione e larghezza delle bande, mentre il fondo acquista la sua posizione centrale, ponendosi come filtro e termine di profondità rispetto alle bande. A questo punto, l’occhio si è fatto più attento, più critico, e mentre va alla ricerca della logica che ha informato il quadro per “impossessarsene”, scopre che l’apparente simmetria dell’immagine è falsata dalla diversa larghezza e posizione delle bande, che hanno trasformato i 25 quadrati in 25 rettangoli tutti diversi tra loro. Inoltre, la larghezza dei rettangoli è ulteriormente falsata dalla varia intensità luminosa delle bande stesse, che a volte bloccano il rettangolo, restringendolo otticamente, a volte lo allargano quando le bande stesse hanno poca incidenza.
In altre parole, aumentando il tempo di lettura, entra in crisi l’apparenza razionale e rassicurante del quadro con l’affermarsi del processo che costituisce il senso stesso della pittura.
La dimensione del quadro (cm 200×200) è ampia, al limite della percezione da una distanza media, per non privilegiare alcun elemento del dipinto; infatti, lo stesso quadro ridotto a 70 cm di lato evidenzierebbe inevitabilmente l’aspetto geometrico del dipinto, non consentendo il recupero ottico del fondo come medium.
La tela è di trama abbastanza grossa, per consentire alla pennellata di sfrangiarsi durante il suo scorrere sulla superficie e perdere gli eventuali residui materici, come potrebbe avvenire su una tela liscia.
Preferisco di gran lunga la pennellata ad altri mezzi, perché cerco di dare la sensazione di un colore che penetra, viene spinto dentro le tela e quindi propone i suoi effetti al di qua o al di là del medium.
Uso i colori ad olio per la loro duttilità, la loro resistenza e la loro grande varietà.
Il titolo del quadro vuole essere un omaggio insieme a Klee e a Licìni.