(1) Da sempre, l’arte non tollera definizioni. Si annida nelle pieghe più nascoste (delle cose e degli uomini), sa attendere, mimetizzarsi, rispunta da dove mai l’avresti immaginato. Assume forme inaspettate, si allea con la tradizione e per definizione la trasgredisce, è pensiero che si manifesta e fare che diventa pensiero. Può apparire conciliante ed essere rivoluzionaria, si compromette con la realtà e insieme la doppia: ma, sempre, rifiuta la definizione teorica e tantomeno ideologica. Avvicinarsi all’arte, farla o soltanto amarla, significa allora immergersi in un magma ribollente di proposte e di contraddizioni, in una scommessa in cui la regola non è figlia della logica, e il codice è in continuo e incessante riproporsi.
Se la pittura ha attraversato i secoli, lo si deve alla sua capacità di sapersi trasformare rimanendo se stessa, di rimettere sempre in gioco il suo rapporto col mondo: infine, di identificarsi nella concretezza del fare. L’opera non è mai l’illustrazione di un’idea, ma qualcosa che trae vita solo dall’incontro fortunato e misterioso tra speculazione e prassi, tra emozione e pensiero.

(2) Una delle affermazioni più ripetute di quanti negano la pittura oggi, dice che altre forme di espressione hanno “superato”, si sono spinte “oltre” la pittura. Vedere la pittura come un sistema chiuso, un linguaggio bloccato storicisticamente, tradisce una visione dell’arte come metalinguaggio avulso dalla realtà, appunto come gabbia ideologica. Si torna all’arte come teoria che non ha bisogno delle forme in cui si manifesta perché si giustifica da sola nella sua autonomia, nei suoi dogmi, nei suoi tabù. Ne consegue una ricerca solipsistica e un proliferare grottesco di infinite teorie che ritengono superfluo confrontarsi con le opere e quindi ne negano il valore, infine il giudizio. Le opere di un pittore non vengono quindi capite né viste per quello che sono (anzi non vengono letteralmente viste), perché si nega il presupposto della loro esistenza: si nega insomma la pittura come teoria, come possibile linguaggio.
Il fare-arte non avrebbe la dignità del pensare-arte: si opera così una divaricazione tra momenti fondamentali e continui dell’essere artista, una discrepanza drammatica nella sua insensatezza. Al contrario, la pittura attiva la sincronia di questi momenti, vive della loro capacità di sintesi.

(3) Spesso, i veri nemici della pittura sono pittori: certo, tutti quelli che non “fanno” pittura ma dipingono quadri “usando” la pittura come se appunto fosse un codice stabilito una volta per tutte (di fatto, ponendosi in posizione epigonica); certo, tutti quelli che, per difendere la pittura, rifiutano per principio altre forme di espressione perché ne negano appunto la legittimazione teorico-ideologica (ponendosi così in posizione speculare rispetto ai suoi detrattori).
La pittura non è una categoria dello spirito e non ha alcun privilegio rispetto a qualsiasi altra forma di espressione. Fondamentale è essere consapevoli del pensiero, del territorio, degli strumenti della propria ricerca. La pittura, come scrive Dora Vallier, “occupa lo spazio in quanto colore”, perché solo attraverso il colore riusciamo a percepire la realtà con la vista: ne deduce che è “nella struttura del colore e non della forma che si devono cercare i significati della pittura”. Chi fa pittura opera dunque nell’ambito delle possibilità espressive del colore, un campo di per sé talmente smisurato, che non ha bisogno di giustificazioni, di cui nessuno riuscirà mai a definire i confini. Ma pensare che sia l’unico che valga la pena di investigare è puro non-senso. Al contrario, quando la pittura affonda le radici nei suoi valori, quando elabora le proposte più stimolanti, stabilisce sintonie sotterranee con tutte le altre espressioni del pensiero e dell’arte.

(4) Se la pittura vive del colore, il protagonista della pittura è il colore, non certo l’olio-su-tela. Come si è passati (si passa) dalla tempera all’affresco, dall’olio all’acrilico, niente impedisce che si possano utilizzare i mezzi e le scoperte che la scienza mette continuamente a disposizione di tutti. L’aspetto artigianale che la pittura tradizionalmente conserva non è una prerogativa da conservare a tutti i costi, ma neppure un limite o una colpa da demonizzare. Più semplicemente, la tradizione ci ha consegnato un patrimonio talmente ricco e inesauribile di libertà espressiva all’interno del suo universo, che le possibilità offerte attualmente dalla tecnologia, per quanto vastissime, appaiono ancora utilizzabili soltanto in parte.
Questo non impedisce che ci si provi su questo versante della ricerca, con risultati, in alcuni casi, molto stimolanti. Ma mitizzare la tecnologia significa non tener conto del suo essere, per definizione, uno “studio scientifico dei problemi tecnici delle varie arti e scienze”: le scoperte e le intuizioni dell’arte e della scienza maturano a monte, ed è lì che si gioca la partita più importante, è lì che il pensiero deflagra o si spegne.
La pittura, come disciplina, vive da sempre su questa lama affilatissima, pena lo scadere a decorazione o maniera. Le sue forme non sono mai state solo adattamenti alle diverse condizioni del tempo, ma il risultato di elaborazioni di nuovi modi di essere e di rapporti con la realtà. Sapendo naturalmente di tecnologia, ma dialogando, semmai, con la scienza.

(5) La pittura è “cosa mentale”, il che vuoi dire che ha a che fare con il pensiero, non solo con le idee; vive in una dimensione virtuale, ma con tutta la fisicità del suo essere corpo, materia, pigmento. Elabora il suo linguaggio in un divenire sempre diverso che costituisce la sua tradizione: cioè è nella tradizione solo quando e in quanto la modifica. È libertà ma anche disciplina, immaginazione e insieme esercizio. Non può certo vivere di “ritorni”, ma neanche della novità a tutti i costi: questa è una conseguenza inevitabile del suo maturare nella esperienza individuale. Non ama gli aggettivi e la stessa parola qualità si misura in funzione del nuovo che elabora, non in base a valori già dati. Forse la qualità, o meglio la verità di un pittore, di un artista, consiste nella capacità di liberare la sua fantasia, il suo immaginario, e convogliarli in un universo regolato da una logica tutta inventata e nello stesso tempo necessaria. Le ragioni della pittura sono “antiche e irrinunciabili”.